XINJIANG 2009: la periferia dell’impero

XINJIANG 2009: la periferia dell’impero

Benvenuti nella mia casa

Questo è un occhiello introduttivo.

Ci piace cominciare a visitare un grande paese dai confini. E’ lì che si mescolano modi di essere, lingue, religioni. Così abbiamo fatto per la Cina. Sicuramente visiteremo il suo cuore politico ed economico, ma Pechino e Shangai possono aspettare, Urumqi no.  La maggioranza uigura, musulmana e di lingua turca, cederà il passo agli han ed alla loro pragmaticità. Ma quando lo abbiamo visto, lo Xinjiang aveva ancora profonda e radicata la tradizione precedente alla scoperta del petrolio ed al conseguente massiccio afflusso di cinesi.

Ai margini del deserto sono fiorite città nuove di zecca dove svettano immensi grattacieli, destinati ad essere sostituiti nel giro di pochi anni da altri, sempre più alti. Mentre i cinesi festeggiano il loro Texas in fast food chiassosi e coloratissimi, i turchi riportano gli animali in pianura, dopo l’alpeggio estivo.

Ogni anno, all’arrivo della neve, smontano le yurte e tutto, dai tappeti che le foderano ai pannelli solari nuovi di zecca, viene caricato sui cammelli,  in viaggio per il villaggio di pianura. Mucche e pecore ripercorrono ogni anno i sentieri della transumanza per ritornare alle loro fattorie.

Ma anche qui la tecnologia avanza: i cinesi inaugurano impressionanti viadotti che precederanno nuovi insediamenti: l’impero millenario non conosce ostacoli e non saranno certo pastori nomadi e yurte a fermarli.

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